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Cesare Frigiolini (Pataccia)


MARTA LA LAVANDÈRA
 ALLA FUNTANNA DEL BUZZ
(ambientata nel lavatoio pubblico nei pressi del ponte del Busso sul torrente Ma stallone)
 

audio off-line















Tira un’aria pungente,
La fontana è gelata,
ma, non importa, la padrona
vuole che si faccia il bucato,
      e la povera lavandaia
      si carica in spalla la gerla.


E’ vestita alla bellemeglio,
l’aria le passa fin nelle ossa.
Eccola là, curva sulla pietra
menare il gobbo e stringere le coscie:
       povera Marta, a me, davvero
       mi fai piangere di compassione.


C’era ben un proverbio antico
Che diceva di lavare in casa
Ciò che copre l’ombelico
Quando è troppo macchiato;
       ma i proverbi sono andati per more
       e il diavolo li ha fatti correre.


Oh! Se l’occhio della fontana
Dovesse dire tutto ciò che vede,
ce ne sarebbe per una settimana
tanto da restare allocchito.
       Quante miserie della famiglia
       Un po’ di sapone porta via.

Io non faccio quel mestiere
Di scoprire i panni degli altri,
e mi guardo bene dal pestare
solamente la coda ai gatti,
        ma…dalla Marta…abbiate pazienza
        si può tirare una conseguenza.

Non posso piantarla là
Nella fontana tutta sola;
invece di me…qualcuno…chissà…
tante volte…per la gola…
…….toglierle gli anellini (?)
         O romperle il pignattino.


Ma è tardi: adesso, pian piano
Verranno le altre lavandaie;
non c’è più tempo di menare il can per l’aia
bisogna che veda quelle facce.
         Ciao, pazienza, tirati in qua.
         stiamo a sentire sto mercato.

Ecco, arrivano. Viene la Cecca,
dietro la Cecca la Lucia,
arriva l’Anna e poi la “Mecca” (“meccu” è uno con le gambe storte)
la Modesta e la Maria:
          tutte posano la gerla:
          ce n’è già abbastanza per fare una fiera.



Tanto per dire un po’ di orazioni
Tiran giù due paternoster:
chi sul prezzo del sapone,
chi sul vino mischiato dagli osti.
          E la colpa a chi va?
          Tutta al Sindaco della città

Del Consiglio dicon malva,
e che è tempo di buttarlo giù
sarà grazia, e ancora, se si salva
il servente  (..?..forse il Segretario) e nulla più.
          E’ la sala comunale
          La credenza di ogni male.


Chi ce l’ha con i lampioni
Che fan chiaro se c’è la luna,
chi dice che non sono neanche capaci
di toglier l’acqua dalla cantina,
         che va dentro dal tombino
         che da un momento all’altro è pieno (non è traduzione, ma ..interpretazione fantasiosa)


 Una vuole la strada ferrata,
due ce l’anno con San Gaudenzio, (la chiesa   parrocchiale)
e la Rosa, la più sfacciata
non vuol mica far silenzio:
       dura, acerba come una pera
       se la prende con i Consiglieri:


“E la strada di circonvallazione
“Dall’allea al ponte del Buzzo?
“E’ sempre una questione
“O l’han messa già sotto l’uscio?
       “Tutti sanno che i soldi ci sono,
       “ma per loro non sono mai abbastanza.


“E’ che i soldi della città
“Invece di spenderli come si deve
“Finiscono da Duprà…(si tratta del Sindaco, che evidentemente godeva fama di buon bevitore!)
“In tante sorsate di quello che si beve…
      “ E’ la che fan consiglio
      “ E che tendono la rete.


                   (Salta fuori la Lucia:)
“Tacete, Rosa, che vien gente…
“Zitte, zitte, guardate su…
“Chi è quello che vien giù?...
        “Oh! E? lui… per carità…
       “Car Signor! È qui il Duprà.


                    (E dall’altra la Maria:)
“Oh non può aver sentito…
“Guarda altrove…;si frega le mani!
“Guardate un po’, è proprio così:
“gridate al lupo e il lupo viene.
        “Presto, giriamo la frittata,
        “discorriamo del bucato.

“Ecco, ci siamo”.  “Ebbene, come va
“brave donne! Siete contente?
“Acqua ce n’è e neanche male,
“E’ forse che vi lamentate?
        “Parlate pure, mi fate piacere:
        “Tanto e tanto non so mai cosa dire” (dice tra sé e sé)

                       (Per risposta dice la Cecca:)
“Oh signor Sindaco! Va benone,
“si fa un po’ sentire il frescolino…


“Ma da una parte è quasi un bene
“ci fa venir rigide le sottane.
        “Oh! Per noi non ci manca niente,
         “dire il contrario sarebbe una mancanza.

                        (E finisce di dire la Mecca:)
“E poi c’è lei e è tanto attento,
“che se ci venisse qualche bisogno
“non ci lascia neanche un momento,
“salta fuori d’in mezzo al sogno.
         “Fin che abbiamo un Sindaco tale
         “non si può dire che vada male.

                         (Le lavandaie tutte assieme)

“Riverito…Cavaliere…
“si  conservi…stia bene
“Ci saluti i Consiglieri…
“Ci allarghi  sempre le mai…
       “ Tanti rispetti alla famiglia
       “Che si ricordi della Lucia”.

                          (E il Duprà con tutta flemma
“Grazie, donne, dovere mio”
                           (Da sotto i baffi:)
“E’ un trionfo belle e buono!
“Vado a dirlo ai Consiglieri,
“Ma mi rincresce per il Giambone
           “che è stato Sindaco prima di me
……...”e che ciò non ha mai sentito”

“Riverisco” (da lontano)
“Stia bene signor Cavaliere”
“Grazie, donne” (con la mano)
“Legrru, legrru, mè dover.”   (1)
            (sottovoce) “Che piacere se le lavandaie
            “fossero tanti Consiglieri!!!


E la ;Marta? Abbiate pazienza,
ha tirato per conseguenza
che è meglio dire con i nostri vecchi
che “servire per il Comune”
             (salvo il caso di lustrare gli specchi)
             “è lo stesso che servir nessuno”.
              Ma i proverbi sono andati per more
              E il diavolo li ha fatti correre